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IL DANNO BIOLOGICO DI NATURA PSICHICA E LA SUA VALUTAZIONE

L’introduzione del risarcimenti per danno biologico di tipo psichico e per danno da pregiudizio esistenziale segnano un’evoluzione recente  della prassi giurisprudenziale. È soltanto con una sentenza della Corte Costituzionale del 1986, la numero 184, infatti, che viene sancito per la prima volta il riconoscimento del danno psichico. Prima di questa sentenza, a seguito di un illecito veniva risarcito, se dimostrato, solo l’eventuale danno biologico.

Per danno biologico di tipo psichico si intende una condizione patologica che destabilizza l’equilibrio psicologico di un soggetto vittima di un reato. Il danno viene riconosciuto quando è riscontrabile, a seguito di un trauma, una alterazione dell’integrità psichica della vittima tale da determinare una modificazione delle funzioni mentali primarie, della sfera affettiva, delle risorse energetiche e pulsionali, dei meccanismi di difesa, e del tono dell’umore. Come afferma la Cassazione Civile nella sentenza numero 14402 del 2011, il danno psichico, che costituisce una “modifica peggiorativa della personalità”, può avere anche conseguenze che possono portare a importanti ricadute negative sulle proprie abitudini di vita esistenziali e relazionali – c.d. danno esistenziale -, conseguenze che andranno adeguatamente risarcite.

Se da un evento lesivo di rilievo giuridico deriva una significativa alterazione dell’omeostasi psichica francamente psicopatologica, quale conseguenza diretta, è perciò possibile agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito alla propria integrità psichica, ovvero alla propria salute mentale.

Questi danni, definiti “non patrimoniali”, sono indipendenti da eventuali ripercussioni sulla capacità di produrre reddito e devono essere provati del danneggiato, secondo l’istituto giuridico dell’ “onore della prova” e a tale fine, la consulenza tecnica psico-forense, da sviluppare con appropriata metodologia valutativa, rappresenta uno degli elementi necessari per la loro valutazione e successiva quantificazione.  

Molte sono le circostanze di illecito o reato a seguito delle quali si rende necessaria una valutazione e quantificazione del danno biologico di tipo psichico e del danno da pregiudizio esistenziale. La caratteristica che le accomuna è quella di risultare eventi stressanti in grado di generare un trauma di natura psichica. Un evento di natura traumatica determina una situazione che comporta una minaccia alla vita o all’integrità fisica e psichica di una persona.

Tra i danni per i quali più frequentemente viene chiesto un risarcimento segnaliamo quelli provocati da

  • incidenti stradali; 
  • infortunio sul lavoro; 
  • violenza sessuale nell’adulto; 
  • stalking; 
  • incapacità genitoriale; 
  • maltrattamento e abusi sui minori;
  • bullismo e cyber bullismo;
  • mobbing;
  • burnout;
  • demansionamento;
  • violazione della privacy;
  • lesione della reputazione
  • errore medico professionale;
  • lutto persistente e complicato.

Per la valutazione del danno subito sotto il profilo psicologico non è sufficiente una perizia medico legale, ma è necessaria una valutazione psicodiagnostica forense. 

Questo ruolo viene svolto dallo psicologo giuridico forense. In alcuni casi, è il magistrato a richiedere la consulenza dello psicologo giuridico, attraverso la nomina di un CTU. Le risultanze del lavoro peritale possono così andare a costituire accertamento e prova documentale. 

Molti gli strumenti tecnici dei quali lo psicologo forense può avvalersi per valutare la presenza e la portata invalidante del trauma subito dalla vittima, dai colloqui clinici, all’osservazione, alle batterie di test. Attraverso il lavoro peritale, lo psicologo deve essere in grado di compiere una diagnosi differenziale per stabilire se non esistessero patologie psichiche pregresse rispetto all’evento traumatico e quanto quest’ultimo abbia agito sui processi adattivi, determinando uno squilibrio delle capacità di comprendere e accettare la realtà. 

Compito fondamentale dello psicologo forense è dimostrare il c.d. nesso causale tra l’evento traumatico e il danno subito e stabilire quindi il danno di natura psichica – sia temporaneo sia permanente – conseguente, nonché il danno esistenziale e il danno morale, di per sé non quantificabile, ma ricompreso, secondo le recenti norme giurisprudenziali, nel danno biologico di natura psichica in termini percentuali.

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