Il mobbing non è costituito da un singolo fatto ma da una serie di condotte anche diverse tra loro ma inquadrabili in un unico schema. Tra le varie espressioni del mobbing troviamo:
- demansionamento e dequalificazione delle mansioni cui il dipendente è assegnato;
- emarginazione nel posto di lavoro;
- diffusione di informazioni offensive e false sul conto del mobbizzato;
- continue critiche relative al lavoro svolto dal mobbizzato;
- attacco all’immagine sociale del mobbizzato nei confronti dei colleghi.
Le condotte sistematicamente poste in essere verso il dipendente mobbizzato, sia che provengano da superiori in grado o da pari grado, procurano allo stesso una vera e propria invalidità psico-fisica, ossia, una riduzione permanente della capacità lavorativa dell’individuo.
È dunque corretto inquadrare il mobbing all’interno della categoria delle malattie professionali che danno diritto al riconoscimento del danno biologico, come ammesso dall’Istituto nazionale di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail).
Il danno che può subire il dipendente vittima di mobbing è dunque costituito da:
- danno biologico, ossia il danno all’integrità psico-fisica della persona;
- danno non patrimoniale, ossia il danno alla vita di relazione, alla sfera emotiva, etc.;
- danno patrimoniale, ossia le conseguenze patrimoniali del mobbing come ad esempio i soldi spesi per le cure mediche, psicologiche, etc.
Per il ristoro dei danni subiti a causa del mobbing il dipendente può chiedere il risarcimento al datore di lavoro. Ciò in quanto, sotto il profilo contrattuale, il mobbing rappresenta una violazione, da parte del datore di lavoro, dell‘obbligo di sicurezza previsto dalla legge.
In base a tale obbligo, il datore di lavoro è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
La giurisprudenza ha chiarito che il datore di lavoro, per rispettare l’obbligo di sicurezza, non deve limitarsi ad attuare le misure di sicurezza previste dalle leggi sulla salute e sicurezza dei lavoratori ma deve anche astenersi da qualsiasi comportamento lesivo dell’integrità psico-fisica del lavoratore.
Da ciò discende non solo che il datore di lavoro non deve, in prima persona, compiere qualsiasi atto o fatto che leda l’integrità psico-fisica del prestatore di lavoro, ma ha anche l’obbligo di prevenire, dissuadere e azzerare qualsiasi condotta posta in essere da altri soggetti nell’ambito dell’organizzazione aziendale che possa ledere l’integrità psichica e fisica del dipendente e, come nel caso di specie, costituire mobbing.